I "giovani di oggi"

La mia stanza nella casa dei genitori a Palermo, la mia macchina da scrivere Olivetti 82, il "caos calmo" (cit) della gioventù. Casualmente, in un vecchio baule, ho ritrovato quei dattiloscritti. Il mio fegato messo alla prova dal Cutty Sark e la birra in lattina i tempi del buon Ron cubano erano ancora lontani. Leggevo poeti latinoamericani e Charles Bukowski, ero così pieno di cattivi maestri che la mia biblioteca ufficiale era nascosta da pile di Tex Willer, Topolino (che ho sempre detestato a favore del più mite ed umano Paperino) e riviste come Metropoli, Linus e Il Male. Quanto è importante l'introspezione, guardare dentro, cercare , cercarsi, darsi delle spiegazioni, provare a capire il mondo, non capirlo e arrabbiarsi, disperarsi o gioire. Siamo gli stessi di coloro i quali queste cose le cercano su Google o chattando su Whatsapp: tante domande, poche risposte, essere giovani è un duro lavoro in qualsiasi epoca e mi dispiace trovare tra i miei coetanei, coloro con cui ho diviso la mia esistenza, chi mi dicono di "Non capire i giovani di oggi". Quanti nastri ho cambato alla mia Olivetti e quante di quelle vocali e consonanti attaccate ad un braccetto mi hanno liberato dall'angoscia di esistere?



Palermo, Primavera del 1978.

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