Più di 70 giornalisti assassinati nell’ex Unione Sovietica dal 1992

La testimonianza di una giovane giornalista bielorussa sugli omicidi, sempre più frequenti, di colleghi uccisi a causa delle loro inchieste
di Iryna V. - Minsk
30.01.09 - «Più di una settantina di giornalisti sono stati assassinati nell'ex Unione Sovietica dal 1992, quarantanove nella sola Russia. I numeri risultano ancora più elevati se si considera anche il martirio dei democratici. La mia nazione, la Bielorussia, non è riuscita ad evitare di pagare il tragico prezzo del cambiamento democratico. Ma dal momento che si tratta di un Paese piccolo e isolato – "un buco nero in Europa" – di casi del genere raramente si parla nei media internazionali. Nessuno ormai ricorda Anatol Maisenya, giornalista e uno dei primi oppositori del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, "l'ultimo dittatore europeo". È morto in circostanze sospette in un incidente stradale nel 1996. Stesso destino per Dzmitry Zavadzki, l'ex cameraman personale di Lukashenko, messo in prigione a causa delle sue rivelazioni. Nel 2000 è scomparso e, né il suo corpo, né i suoi rapitori sono stati mai trovati. Un'altra giornalista conosciuta per le sue posizioni critiche nei confronti del presidente, Veranika Charkasava, e che lavorava come reporter investigativo per il quotidiano indipendente 'Salidarnasc', nel 2004 è stata pugnalata a morte e i suoi assassini non sono mai stati identificati. E ancora: Vasily Grodnikov scriveva per uno dei maggiori quotidiani dell'opposizione, 'Narodnaya Volia'. È deceduto nel 2005 in seguito alle percosse ricevute dai suoi aggressori che anche in questo caso non sono stati trovati. Sì, ci sono delle somiglianze tra i casi accaduti in Russia e in Bielorussia. Per esempio, entrambi i loro presidenti non hanno mai rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale riguardo agli episodi, né offerto le condoglianze per le vittime. Come in Russia, anche le autorità bielorusse non sembrano in grado né di fermare né di risolvere i crimini commessi ai danni degli attivisti democratici assicurando i colpevoli alla giustizia. In entrambi i Paesi si ha l'impressione che questa indifferenza da parte degli organi ufficiali sia quasi un segno dell'approvazione dell'assassinio come strumento adatto per mettere a tacere tutti quelli che cercano di difendere i diritti umani e la libertà di stampa. Gli eventi accaduti ultimamente a Mosca erano, inoltre, in parte connessi alla Bielorussia. Stanislav Markelov, 35 anni, era sposato con una donna bielorussa, aveva difeso dei cittadini bielorussi arrestati per aver protestato di fronte all'ambasciata della Bielorussia a Mosca e aveva preso parte a un seminario sui diritti umani a Minsk. Ma essendo una giovane giornalista che collabora con i "nuovi media", sono rimasta particolarmente colpita dal coraggio della venticinquenne Anastasia Baburova. L'omicidio della giovane giornalista e studentessa all'università statale di Mosca è stato messo in ombra da quello del più noto Markelov. Ma la sua tragica morte è altresì fonte di speranza ed ispirazione. A dispetto del pericolo che correva, era decisa a continuare a studiare e praticare il giornalismo investigativo. Aveva aderito a un partito politico dell'opposizione e lavorava per un quotidiano indipendente, che nel 2000 aveva visto altri suoi tre reporter uccisi. Aveva scelto di scrivere articoli e blog contro i misfatti perpetuati in uno Stato autoritario. È morta affrontando l'assassino del suo collega, diventando un'ispirazione per tutti noi. Non possiamo restare in silenzio. Dobbiamo alzare la nostra voce a difesa della democrazia e della libertà d'espressione. Non esiste arma in grado di impedire alle persone di cercare la verità e lottare per la libertà. Nonostante la lunga lista di persone uccise, imprigionate, picchiate e oppresse, in Bielorussia e Russia giovani giornalisti continuano ad unirsi ai mezzi di comunicazione indipendenti. Noi tutti dobbiamo impegnarci per realizzare quei cambiamenti che garantiranno che nessun altro essere umano in questa parte del mondo debba morire per aver tentato di cercare la verità».

fonte: Information Safety and Freedom

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