UNDERBOMBING



Tulkarem West Bank Middle East - Gli elicotteri di copertura israeliani. © Luciano del Castillo
Tulkarem West Bank Middle East - PPC, l'auto abbandonata e la colonna israeliana. © Luciano del Castillo

Pierpaolo ed io siamo riusciti ad entrare a Tulkarem, assediata da 10 giorni e isolata del resto del mondo, con uno dei mile trucchi che noi giornalisti sperimentiamo nel corso della nostra vita professionale. Avanzavamo lentamente con una macchina non blindata sulle strade scassate che portavano al centro della città. Tutto attorno silenzio che veniva interrotto da lunghe raffiche di Kalashnikov alle quali rispondevano dei canoneggiamenti degli occupanti. Io avevo perso una delle due piastre di acciaio e ceramica di rinforzo al giubbotto antiproiettile, non ero sicuro di volermi infilare dentro a quell'inferno, ma dall'altra parte la consapevolezza che eravamo gli unici giornalisti stranieri mi spingeva a rimanere. Pierpaolo mi chiedeva di scegliere liberamente cosa fare, così ho preso una moneta e a testa e croce ho scelto se posizionare la unica piastra che avevo sul dorso o sulla schiena. Alla fine ho pensato che sulla schiena mi faceva sentire più protetto. Eravamo ancora in macchina e proseguivamo a 10 all'ora con le braccia bene in vista fuori dal finestrino. Era una strada maledettamente pericolosa, perché isolata, piena di buche ed i palazzi ai lati davano una buona copertura ai cecchini. Sudando come il 15 agosto nel solleone lentamente avanzavamo senza sapere dove andare. Ne io ne lui eravamo mai stati in quella città. ad un certo punto, con la coda dell'occhio, ho visto una colonna di blindati israeliana alle nostre spalle che correva veloce contro di noi e, più indietro i tank che li seguivano. Grido a PPC che ci stanno venendo addosso e lui immediatamente sterza il volante buttandosi su un lato della strada e velocemente abbandoniamo la il veicolo (Foto).

Il convoglio ci sorpassa tenendoci sotto tiro. decidiamo di continuare a piedi e ci buttiamo a ridosso dei palazzi per cercare di essere più protetti. Il silenzio intorno a noi viene interrotto dalle urla di gioia di una decina di ragazzini che, vedendoci, ci corrono incontro per dare un senso alla loro noiosa giornata che senza di noi sarebbe stata stata come le precedenti giornate di assedio. Capiamo immediatamente il rischio che corrono esponendosi senza difese, per strada urlando, al fuoco degli elicotteri (foto) che sorvolavano senza sosta il cielo della città di supporto alle truppe di terra. Cercavamo di mandarli via, ma provate a cacciare una banda di ragazzini compressa da un assedio di 10 giorni nelle proprie case. Eravamo qualcosa con cui distrarsi, il diversivo con cui dimenticare il proprio dramma. Nonostante provassimo a cacciarli sciamavano attorno a noi come delle api impazzite, con i loro sorrisi di bambini, insolenti, incuranti di tutto. (continua)

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