IF YOUR PICTURES AREN'T GOOD ENOUGH YOU'RE NOT CLOSE ENOUGH (Robert Capa)

In un mondo inondato di fotografie, immagini, statiche ed in movimento, è oramai impossibile riuscire a vedere, a guardare. Si lo so è paradossale, ma è così. Le persone non ne hanno più il tempo e preferiscono produrre immagini piuttosto che guardarle. E' la stessa cosa che succede nella comunicazione tra gli esseri umani. Non c'è più la capacità di ascoltare ed allora si parla, si parla, si parla.....Crediamo di essere tutti dei comunicatori solo perché oggi abbiamo gli strumenti: la mitica "Bic", le tastiere, prima della macchina da scrivere e di seguito dei computer per finire ai sistemi di scrittura tecnicamente perfetti. così ci sentiamo tutti autori. Dominando la tecnica crediamo di potere essere anche noi scrittori, giornalisti, poeti. La verità però è che nonostante la tecnica se non hai e non sai raccontare, le storie che vedi, immagini, senti, non saranno mai lette sebben raccontate. Stessa cosa succede con la fotografia. Con la rivoluzione digitale, tutti possediamo un discreto apparecchio fotografico e tutti siamo in grado tecnicamente di realizzare discrete/buone immagini. Il fatto è che la fotografia, a differenza del video, costringe a fermarti e a ragionare su ciò che stai guardando. E se ciò che stai guardando non ti convince, passi avanti, se il racconto non è convincente, vai via. Il fotografo "vede" la storia e la realizza. Il lettore la guarda se è ben raccontata.
Allora ben venga anche questo Reggio PhotoFest che offre, come tutti i festival che si rispettino, allo spettatore una varietà di mostre, di storie, convincenti ed entusiasmanti, finestre che si aprono sul mondo nella sua cruda bellezza.
Una menzione speciale va sicuramente agli organizzatori Franco Cufari e Adriana Sapone

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