Voglio chiudere il 2013 con il volto di Marieta, incontrata all’aeroporto Jose Martì di Ciudad de La Habana prima di rientrare in Italia. Ho incrociato il suo sguardo perso alla fila d’imbarco per Roma. All’esterno la sua famigl ia si accalcava sui vetri degli ingressi insieme ai parenti di altri viaggiatori. Appena le ho sorriso, anima persa, si è fiondata, col suo passaporto, fresco di visto, verso di me e mi ha chiesto di aiutarla ad imbarcarsi. Era la prima volta che lasciava Cuba per andare a trovare la figlia che da un anno viveva in Italia. Tormentata dal dispiacere di lasciare la famiglia con il figlio piccolo all’Avana, da una parte, e felice di ricongiungersi con la figlia, dall’altra, aveva bisogno di una persona che le desse un conforto nel tragitto infinito tra il check-in e l’imbarco. L’ho chiamata “mamita” (nonostante fosse più giovane di me, ma tutte sono mamme) e si è messa subito a suo agio vedendo in me una luce nel buio. Mi indicava ai suoi familiari e gesticolava q...