Omaggio a Gabriel 02

Qualche tempo dopo una mia compagna di scuola con la quale ci scambiavamo i libri, le letture, ci consigliavamo sulle cose da leggere, mi disse che avrei dovuto assolutamente leggere un libro "Cent'anni di Solitudine" di Gabriel Garcia Marquez. Le avevo espresso da tempo la voglia di conoscere la letteratura sudamericana sull'onda dell'internazionalismo che si praticava a quei tempi e delle condizioni di sudditanza agli USA e alla CIA .
Comprai il libro nella mia libreria preferita a Palermo, Flaccovio, e cominciai a leggere quel libro fermandomi alle prime pagine. Il primo impatto fu negativo. Non ci capivo nioente con tutti quei nomi e non riuscivo a collegare gli uni agli altri. Lo trovai ostico e, cosa che non avrei fatto mai più grazie proprio a quel libro, ho smesso di leggerlo.
Dopodichè a macchia d'olio tutti i miei amici e compagni, anche mia madre, facevano sempre più spesso riferimento a quel libro tanto che ne ripresi la lettura e, come milioni di lettori, ne rimasi stregato. Stregato è la parola giusta. Dopo l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters è stato il libro che ha segnato più di tutti la mia adolescenza.
Di seguito, da buon lettore, comprai gli altri titoli già esistenti, aspettando la nuova produzione.
Circa tre o quattro anni dopo stavo cercando delle informazioni sulla mia vecchia agenda del 1976 (prima dei tablet e dell'informatica ho collezionato tutte le agende della mia vita) e tra le pagine lo sguardo mi cadde su quel nome e numero di telefono: ricordai l'ncontro di quel giorno a Firenze e realizzai all'istante chi minchia avevo conosciuto! Non ci potevo credere! con quattro anni di distanza mi vergognai come un verme della pessima figura che avevo fatto quella notte: - Conosci Garcia Marquez? - ed io: - chi????- arrossii solo al pensiero di quello che avevano pensato di me!
E dire che una volta arrivato al liceo di Palermo in quegli anni c'era l'abitudine a dare e ricevere "nomi di battaglia", nickname. A me i miei compagni mi affibbiarono "Macondo". Pensa te!
In tutti questi anni ho pensato di incontrarlo per vedere se si ricordava di quell'episodio. I primi tempi ho provato a chiamare quel numero di telefono a Parigi e tutte le volte che sono stato in Colombia ho anche provato, senza successo, a cercarlo, per potergli dire che eravamo fortunati in quel tempo che si poteva essere adolescenti o adulti, liberi di scambiarsi idee, dove (forse) non c'erano barriere generazionali, mi ha insegnato a cercare, a trovare, a sognare e a tenere i piedi per terra. Adios Gabo

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