Una giornata piovosa, calda. La gente dentro la metropolitana più ingrigita che mai. Mi siedo accanto ad una signora araba, direi siriana, una di quelle donnone orientali che parlano ad alta voce e che a prima vista fanno simpatia. Rivolgendosi alla sua vicina di posto comincia a raccontarle ad altissima voce storie di vita quotidiana che le succedono a Roma. Racconta di arabi, italiani, rumeni, dei quartieri, i comportamenti, il suo microcosmo come se facesse lezioni di vita. La sua voce alta e acuta vola sopra le note dei gitani che cantano all'interno del vagone. Chi più, chi meno, indifferente e impermeabile all'esterno, affacciato nella propria vita, i problemi della quotidianità. La metro si riempie sempre di più, il fronte visivo si accorcia alle natiche dei passeggeri e rimane solo il forte vociare della donna seduta accanto a me. Ad un certo punto la donna si alza di scatto e comincia a dire ad una persona, nascosta ai miei occhi, di sedersi al posto suo e, di se